Dall’evoluzione al cancro: il ruolo delle mutazioni genetiche.

By 19 March 2018Blog

LA MOLECOLA DELLA VITA. Il genoma umano è composto da 6 miliardi di basi di DNA (acido desossiribonucleico) impacchettate in due gruppi di 23 cromosomi. Ogni unità di DNA, chiamata nucleotide, è composta da un gruppo fosfato, uno zucchero (desossiribosio) e una base azotata (Guanina, Citosina, Timina, Adenina). La struttura del DNA presenta la caratteristica forma a doppia elica, i cui filamenti sono collegati da legami idrogeno tra coppie di basi (A-T, G-C). Sullo scheletro di zucchero-fosfato, le coppie di basi si susseguono in un ordine ben preciso, formando un codice che contiene tutta l’informazione necessaria per costruire e mantenere la vita. La doppia elica, per essere contenuta nel nucleo di una cellula, subisce un processo di ripiegamento su sé stessa in strutture dette cromosomi, che ne rappresentano la forma più compatta.  Sui cromosomi sono presenti delle regioni, in specifiche posizioni, chiamate geni. Per poter avere un organismo funzionante, il loro contenuto ha bisogno di essere “letto” da un complesso apparato molecolare (l’RNA messaggero) in quanto contiene le istruzioni necessarie a produrre le proteine, molecole che nelle cellule eseguono una varietà di funzioni essenziali per la vita, in un processo detto sintesi proteica. Più scientificamente, è la sequenza di DNA contenuta in un gene a determinare la sequenza di aminoacidi che formano la proteina corrispondente. Perciò, è fondamentale che queste “istruzioni” vengano tradotte in modo corretto per avere una proteina capace di assolvere i suoi compiti. Quando, per qualche ragione, si verificano alterazioni nella sequenza di DNA di un gene, anche la struttura della proteina corrispondente ne risente, trasformandosi in una proteina completamente diversa da quella che avrebbe dovuto essere in condizioni normali. E’ proprio questo che accade nelle mutazioni genetiche.

NON SOLO MALATTIE. Una mutazione, a seconda del tipo di cellula che interessa (e qui parliamo di mutazioni somatiche e mutazioni germinali) oppure dell’ampiezza del segmento di DNA coinvolto (mutazioni puntiformi, mutazioni cromosomiche e mutazioni genomiche) può essere in grado da un lato di favorire l’insorgenza di patologie, dall’altro persino di costituire un vantaggio evolutivo. Infatti, sebbene nell’immaginario collettivo la parola “mutazione” sia spesso associata a malattie più o meno gravi, è bene ricordare che le mutazioni genetiche non sono tutte pericolose e non tutte causano problemi all’individuo che ne è portatore. Molte di esse sono silenti e non influenzano il funzionamento di una proteina. E’ poi importante ricordare che la perdita di funzione di un gene non ha necessariamente effetti sulla salute. Ad esempio, molti mammiferi possiedono centinaia di geni che codificano per recettori olfattivi, proteine che ci consentono di sentire gli odori. La perdita di uno solo di questi numerosi geni può non influenzare affatto la capacità olfattiva di un individuo. La presenza di altri geni, invece, è non solo fondamentale, ma costituisce un vero e proprio vantaggio per alcune specie.

VARIABILITA’ GENETICA ED EVOLUZIONE. Tutti gli umani condividono gli stessi geni. Le mutazioni creano versioni leggermente diverse dello stesso gene, detti alleli. Il sequenziamento del genoma umano ha rivelato che circa il 5% del nostro genoma è costituito da duplicazioni segmentali, comuni a tutti gli individui. La duplicazione di un segmento di DNA può essere di poche migliaia di basi oppure arrivare a qualche milione di paia di basi. Se paragoniamo il genoma di due individui, troveremo una differenza media di duplicazioni segmentali per circa 20 milioni di paia di basi, che risultano quindi presenti nel primo e assenti nel secondo o viceversa. Molte di queste variazioni sono neutre (non hanno cioè un effetto dannoso sull’individuo). Quando si presenteranno, queste mutazioni non verranno eliminate dalla selezione naturale ma si accumuleranno nel patrimonio genetico di quella specie, dando origine alle numerose versioni nel colore dei capelli, degli occhi, della pelle, dell’altezza, nel comportamento, nella suscettibilità alle malattie. Queste piccole differenze nella sequenza del DNA contribuiscono a rendere ogni individuo unico e diverso da tutti gli altri. La variabilità, introdotta dalle mutazioni, è poi fondamentale per la selezione naturale (1) e l’evoluzione. Essa permette alle popolazioni delle specie viventi di cambiare, adattarsi all’ambiente e sopravvivere. Si è scoperto, per esempio, che il numero di copie del gene CCL3L1 è importante per la resistenza al virus HIV (2). Quando si presenta un nuovo allele, tramite meiosi e riproduzione sessuale, vengono combinati alleli diversi in modi diversi, così da aumentare la variabilità genetica negli individui di una stessa specie. Saranno favorite e trasmesse le mutazioni che rappresentano un vantaggio evolutivo. Tuttavia, il sistema non è perfetto. Le mutazioni possono avvenire nel DNA di ogni cellula: sono ereditabili solo quando avvengono nelle cellule germinali, mentre le mutazioni nel DNA di cellule somatiche possono, nel caso peggiore, portare al cancro. L’esposizione a fattori di rischio ambientali è in grado di danneggiare il DNA e causare la comparsa di pericolosi “mutanti” a rischio trasformazione. Radiazioni ionizzanti, alcuni prodotti chimici particolarmente dannosi, prodotti di scarto del metabolismo cellulare, radicali liberi, raggi UV provenienti dal Sole, persino alcuni virus sono in grado di danneggiare migliaia di nucleotidi in ognuna delle nostre cellule ogni giorno e in vari modi, dalla delezione o sostituzione di una base con un’altra fino alla rottura del filamento. Negli ultimi anni, dagli studi sulla genetica umana è emerso che alcune mutazioni deleterie sono causate da errori casuali che si verificano durante la replicazione del DNA, ed è stata rilevata una correlazione tra malattie (o predisposizioni a malattie, tumori compresi) e variabili genetiche.

MUTAZIONI DELETERIE. Molte malattie ereditarie dipendono da anomalie nella struttura o nel numero dei cromosomi, e possono essere causate ad esempio dall’esposizione della madre ad agenti dannosi durante la gravidanza, che riescono a scatenare mutazioni irreversibili nelle cellule germinali e/o danni al feto. Sono particolarmente pericolose non solo per la portata della malattia in sé, ma anche perché sono in grado di essere trasmesse alla generazione successiva (da qui il termine “ereditarie”) con le stesse identiche modalità con cui si trasmettono il colore degli occhi o il gruppo sanguigno. Nel caso peggiore, un gene mutante genera una proteina incapace di assolvere del tutto o in parte le sue funzioni. La proteina in questione non funziona, oppure funziona troppo. Ciò vuol dire che alcune mutazioni possono essere estremamente dannose per la salute. Per quanto riguarda i tumori, l’esempio più famoso è rappresentato dalla mutazione del gene RAS, la cui proteina corrispondente (chiamata anch’essa RAS) è responsabile della regolazione della crescita cellulare. In breve, questa proteina manda segnali alla cellula che le comunicano di dividersi, perciò è essenziale che RAS funzioni solo ed esclusivamente durante l’accrescimento cellulare e non in altri momenti. Quando la cellula non si divide, infatti, i segnali di RAS non sono necessari e il gene che la codifica rimane “spento”. Tuttavia, alcune mutazioni nel gene che codifica per RAS fanno sì che esso rimanga perennemente “accesso”. In questo modo, RAS manda segnali di divisione alla cellula senza mai fermarsi. La cellula in questione comincia perciò a dividersi in modo incontrollato. RAS risulta mutata nel 25-30% circa dei tumori (3), ed è una semplice dimostrazione di come una mutazione (in questo caso, la sovraespressione del gene RAS) sia in grado di influenzare il normale funzionamento di una proteina, spingendola a dividersi in modo anomalo e causando in extrema ratio un cancro. Tuttavia, non basta una sola mutazione: un tumore necessita di più mutazioni per manifestarsi. Inoltre, le cellule dispongo di efficienti meccanismi di controllo e riparazione del DNA erroneamente replicato, che riescono a bloccare la cellula e la indirizzano verso l’autodistruzione (apoptosi). Perciò, una cellula con DNA danneggiato deve evolversi a tal punto da sfuggire al controllo degli accurati meccanismi posti a diagnosticare e correggere i danni al DNA, per potersi trasformare in una cellula tumorale.

 

 

(1) Genetic drift, selection and the evolution of the mutation rate.
(2) The Influence of CCL3L1 Gene-Containing Segmental Duplications on HIV-1/AIDS Susceptibility.
(3) An expanding role for RAS GTPase activating proteins (RAS GAPs) in cancer.

 

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