Che cos’è la Trisomia 21, meglio conosciuta come Sindrome di Down.

By 20 February 2019Blog

La Trisomia 21, universalmente conosciuta come Sindrome di Down, è una anomalia cromosomica causata da una totale o parziale ripetizione del cromosoma 21, che si verifica durante la divisione cellulare e colpisce 1 su 700 nati vivi a livello globale. Questo materiale genetico in più da origine a tutte quelle caratteristiche fisiche e dello sviluppo che si osservano comunemente in tutti gli individui. Proprio per gli effetti che l’alterazione cromosomica implica, che variano da persona a persona, le caratteristiche fisiche e cognitive tipiche della Sindrome possono avere diversi gradi di severità.

In generale, l’errore genetico causa disabilità intellettive permanenti e ritardi nella crescita, oltre a molteplici problemi di salute tra cui malattie cardiache congenite (CHD), Alzheimer e leucemia, che riducono le aspettative di vita dei bambini e degli adulti. Ad oggi, grazie ai progressi fatti in medicina sul trattamento di questa condizione, la maggior parte delle persone con Sindrome di Down riesce tranquillamente a raggiungere e superare la soglia dei 60 anni di età.

Alcune complicanze si manifestano già dalla prima infanzia, altre più tardivamente e anch’esse dipendono in buona parte dalla gravità della sindrome. Fatta questa premessa, passiamo ad analizzare le cause, i fattori di rischio e la genetica riportata in letteratura delle patologie cardiache, neurodegenerative e dei tumori del sangue che affliggono maggiormente queste persone.

Un cromosoma in più. Geneticamente, la sindrome di Down è principalmente il risultato di un errore nella divisione cellulare che coinvolge il cromosoma 21, da cui proviene il nome Trisomia 21, provocandone la duplicazione totale o parziale. Quindi, le persone con Sindrome di Down hanno 47 cromosomi, uno in più del cariotipo normale.

Cariotipo di una donna con Sindrome di Down. Si nota la presenza del cromosoma extra in posizione 21.

Questa divisione anomala si verifica prima del concepimento, o nel gamete maschile (spermatozoo) o in quello femminile (ovocita). La Trisomia 21 rappresenta la forma più diffusa di questa sindrome, che infatti la definisce in quanto tale, poiché si verifica nel 95% dei casi.

Trisomia 21. Durante la meiosi e prima che avvenga la fecondazione, l’ovocita proveniente dalla madre porta un cromosoma in più (24 chr). fonte: ndss.org

Un’altra variante della sindrome, tuttavia molto rara, è il mosaicismo, che invece si verifica dopo il concepimento. In questo caso, solo alcune cellule presentano i tre cromosomi 21, mentre le altre ne possiedono correttamente due. In questo caso, i sintomi sono meno severi rispetto alla trisomia 21.

Mosaicismo. Si nota come alcune cellule presentano in maniera casuale, dopo la fecondazione, un cromosoma in più. fonte: ndss.org

Un’ulteriore ed estremamente più rara forma di Sindrome di Down può manifestarsi anche quando una porzione del cromosoma 21 “trasloca” in un altro cromosoma, prima o durante il concepimento: viene chiamata Sindrome di Down per traslocazione robertsoniana.

Fattori di rischio. Spesso molti genitori si domandano se la Sindrome di Down sia una anomalia cromosomica ereditaria, che si trasmette o può trasmettersi da una generazione ad un’altra. La risposta è che questo tipo di ereditarietà non esiste. Non è infatti possibile prevedere se e quando si verificherà l’errore nella divisione cellulare, sebbene esistano dei fattori di rischio che possono aumentare, seppur in minima percentuale, la probabilità di concepire un bambino con Sindrome di Down.

Tra questi vi sono:

  • Gravidanza tardiva: le madri over 35 hanno un rischio maggiore di concepire figli con sindrome di Down. E’ considerato il principale fattore di rischio.
  • Essere portatori di traslocazione robertsoniana del cromosoma 21: E’ l’unico caso in cui può verificarsi trasmissione ereditaria della Sindrome.
  • Avere già un figlio/a con Sindrome di Down: purtroppo, l’errore genetico che si è già verificato una volta, ha più facilità di ripetersi nella stessa coppia di genitori.

Per quanto visto, è pressoché impossibile prevenire o prevedere la Sindrome di Down, l’unica cosa che si può fare è anticipare la diagnosi alle fasi precoci della gravidanza, che fornisce alle coppie in attesa il tempo per decidere se portare avanti la gestazione o interromperla. Nonostante l’ampio ricorso alla diagnosi prenatale a partire dalla metà degli anni ’60 e l’introduzione dello screening del siero materno nel 1984, l’incidenza della Sindrome non è necessariamente diminuita. Anzi, risulta essere in aumento.

Le patologie da analizzare. La maggior parte dei casi di Sindrome di Down hanno delle caratteristiche comuni, tra cui disabilità cognitive specifiche, ipotonia (uno stato di basso tono muscolare) alla nascita e cambiamenti craniofacciali caratteristici. Tuttavia, altri tratti, come i difetti cardiaci e la suscettibilità alle leucemie, interessano un vasto sottogruppo di persone con Sindrome di Down e trovano in questi pazienti un’incidenza maggiore rispetto alla media. Circa il 50% dei neonati con Sindrome di Down risulta affetto da malattie cardiache congenite.

Tra queste, Il difetto del cuscino endocardico (chiamato anche difetto del cuscino atrioventricolare) è la forma più comune, che colpisce fino al 40% dei pazienti. La mutazione nel gene CRELD1 (Cysteine ​​rich EGF like domain1) contribuisce allo sviluppo di questo disturbo cardiaco nella Sindrome di Down. CRELD1 si trova sul cromosoma 3p25 e codifica per una proteina di membrana che funge da molecola di adesione cellulare ed è espressa durante lo sviluppo del cuscino cardiaco.

Invece, il difetto del setto ventricolare (VSD) colpisce fino al 35% dei pazienti con Sindrome di Down. In questo caso, il difetto si trova, come dice il nome della patologia, nel setto ventricolare del cuore, a causa del quale parte del sangue dal ventricolo sinistro fuoriesce nel ventricolo destro, portando a ipertensione polmonare. Al momento sono stati identificati due specifici loci genetici per il VSD. Uno è presente sul cromosoma 1p31-p2, mentre l’altro locus si trova sul cromosoma 3p25 ed è il gene corrispondente a CRELD1. I pazienti con Sindrome di Down mostrano uno spettro unico di neoplasie maligne, che includono le leucemie.

Il primo caso riportato di leucemia in un paziente con Sindrome di Down risale al 1930 e il primo studio sistematico al 1957. Gli studi indicano che i pazienti con Sindrome di Down hanno un rischio relativo di leucemia aumentato di 10-20 volte, con un rischio cumulativo del 2% entro i 5 anni di età e del 2,7% entro i 30. Essi rappresentano circa il 2% dei casi di leucemia linfoblastica acuta pediatrica e circa il 10% dei casi di leucemia mieloide acuta pediatrica. La genesi della leucemia megacarioblastica acuta nei pazienti con Sindrome di Down è associata alla presenza di mutazioni somatiche che coinvolgono il gene GATA 1, un fattore di trascrizione legato al cromosoma X che è essenziale per la differenziazione eritroide e megacariocitica. Il gene GATA 1 mutato codifica per una proteina più corta, che porta quindi alla proliferazione incontrollata di megacariociti immaturi.

Con l’età la maggior parte degli individui affetti da DS svilupperà la malattia di Alzheimer, rendendo la trisomia 21 la causa genetica più comune di questa malattia neurodegenerativa. Dopo i 50 anni di età, infatti, il rischio di queste persone di ammalarsi di Alzheimer aumenta fino al 70%. I principali geni segnalati per essere coinvolti nell’esordio precoce dell’Alzheimer, descritti nella letteratura, sono APP e BACE2, entrambi localizzati sul cromosoma 21APP è un gene codificante per la proteina precursore dell’amiloide, una proteina integrale di membrana concentrata nelle sinapsi dei neuroni. In particolare, la ripetizione del tetranucleotide ATTT nell’introne 7 della proteina precursore dell’amiloide è stata associata con l’età di esordio dell’Alzheimer nei pazienti con Sindrome di Down.
Alcuni studi hanno dimostrato il coinvolgimento nell’esordio precoce dell’Alzheimer in questi pazienti del gene BACE2, che codifica per l’enzima beta secretasi 2. Oltre a APP e BACE2, anche i geni PICALM e APOE sembrerebbero avere un ruolo nella genesi di questa patologia.

Il Progetto Genoma Trisomia 21 (HGP-T21) nasce con lo scopo di sequenziare 1000 genomi di persone affette da sindrome di Down. Grazie a questa ricerca, si potranno fare enormi passi in avanti sulla comprensione di disturbi cardiaci, leucemie e malattie neurodegenerative tipiche dei portatori di questa condizione.

L’impatto della sindrome di Down sulla società. Le persone con sindrome di Down stanno diventando sempre più integrati nella società e nelle organizzazioni della comunità, come la scuola, i sistemi sanitari, il lavoro e le attività sociali e ricreative, considerando che la maggior parte di loro non possiede disabilità cognitive gravi.

Grazie ai progressi della tecnologia medica, le persone con sindrome di Down vivono oggi più a lungo che mai. Nel 1910, i bambini con sindrome di Down avevano un’aspettativa di vita che non superava i 9 anni d’età. Subito dopo la scoperta degli antibiotici, l’età media di sopravvivenza è aumentata a 20 anni. Ora, con i recenti progressi in medicina, in particolare con l’introduzione di interventi chirurgici cardiaci correttivi, ben l’80% degli adulti con sindrome di Down raggiunge i 60 anni e molti vivono anche più a lungo. E’ per questo che si rende sempre più necessario ampliare la ricerca medica sulle patologie che interessano maggiormente queste persone, in modo da migliorare sempre di più la loro qualità di vita.

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